Una volta a San Francisco mi sono imbattuto in un giovane senzatetto mentre aspettavo di attraversare in un incrocio di Chinatown. Tremava di freddo o qualcosa di peggio, ma era bellissimo e giuro, avrebbe pensato la stessa cosa anche Steven Meisel.
Quando ripenso a San Francisco, al Golden Gate Bridge, ai moli alle sei del mattino e alla nebbia gelata, ricordo sempre il parka e i capelli di quel ragazzo.
Lo street style è difficile da definire, perché lo street style non è una moda. È qualcosa che accade. Lo street style è come mi vesto io e come ti vesti tu.
La moda è un processo creativo ragionato. Lo street style è un mashup di quello che facciamo ogni giorno, dei rapper che ascoltiamo nell'underground e delle serie tv che guardiamo in binge-watch invece di andare a letto presto.
Nato negli anni '60 in Inghilterra con i Beatles e le minigonne a Carnaby, riconfermato negli anni '80 nella comunità degli skater in California, lo street style continua a sfuggire agli stilisti che cercano di domarlo nelle loro collezioni, creando capi che si ispirano alla strada ma costano un colpo di pistola.
Non importa. L'era della moda ufficiale, bella e terribilmente antidemocratica, è finita. Le tendenze e il comportamento dei consumatori li rende ormai la massa elitaria, convalidandoli nel tempo.
Liberté, égalité, fraternité.